A petto nudo contro le Amazzoni di Federica Del Ponte f_del_ponte@hotmail.com L'esercito di maschi di Sion tenta di difendersi dall'attacco delle femmine guerriere. 1. La battaglia di Leuk "Siamo isolati, siamo isolati!" esclamò Mathias con la voce spezzata dal terrore. Non poteva urlare, altrimenti lo avrebbe fatto. Il suo bisbiglio carico di agitazione sibilò tra le mura di pietra della torre in cui eravamo stati sospinti dalla fuga. Era impossibile comprendere come stesse andando l'assalto che i Mastini avevano sprigionato contro la città di Leuk, da quando il plotone di Mathias e Benny era caduto nell'imboscata tesa tra le due torri della Porta Est. Mathias non era ancora nato quando la guerra nucleare si era conclusa piombando l'Europa in una sorta di nuovo Medioevo. Era impossibile giudicare se anche negli altri continenti fosse calato un buio simile sulla civiltà: non esistevano più circuiti di informazione universali, e nessuno portava notizie da luoghi più lontani dei vecchi confini russi a oriente, e delle spiagge dell'Oceano a ovest. Mathias e Benny erano amici dall'infanzia, erano cresciuti tra le rovine tra le rovine di quella che un tempo era la città di Sion. Appartenevano a una tribù riconoscente della protezione del re Wilhelm, cui versavano tributi e inviano i giovani maschi dall'età di 17 anni per prestare il servizio militare quando il pericolo di guerra incombeva sulle terre controllate dalla sua corona. Nessuno sapeva per quale diritto Wilhelm detenesse un tale potere e si fosse arrogato il titolo di sovrano; né Mathias e Benny possedevano un'idea precisa dei luoghi in cui passassero i confini del suo regno. Tuttavia, non si erano mai sottratti alla chiamata delle armi, e avevano sempre prestato un servizio coraggioso e leale al loro re. La guerra era questione di scontro fisico diretto, e nella sfida ci si misurava sulla prestanza muscolare e sulla resistenza del corpo. Mathias e Benny, come i loro compagni, indossavano in battaglia i loro bermuda di stoffa nera, calzavano polacchine di cuoio scuro, e affrontavano il nemico a petto nudo - senza altra protezione che la loro spada di ferro, sempre corta e ben affilata. Talvolta si tingevano il torso e il volto con i colori rosso e nero, simboli della corona di Wilhelm e del regno del Mastio. Quando non partecipavano ad una campagna di aggressione militare al seguito del loro re, i due ragazzi erano abituati alla dura vita dei campi durante la giornata – e al praticantato in una bottega di farmacia. Il loro fisico era cresciuto solido, anche se la loro statura non si poteva di certo definire alta. L'aspetto era ancora infantile, sebbene al momento dell'assedio di Leuk superassero già i 25 anni; Mathias aveva capelli corti e scuri, gli occhi blu stretti e sempre pronti ad irraggiare la luce di un sorriso, anche più di quanto sapessero esprimere le sue labbra. Solo il manto peloso del petto testimoniava la su vera età. Benny era rosso di capelli, squadrava il mondo con lo sguardo sorpreso dei suoi dolci occhi verdi e attraeva la simpatia delle ragazze con un sorriso largo dominato da due incisivi da coniglietto. Anche nel suo caso la traccia della vera età risplendeva sul petto irsuto di peli rossi e dalla potenza guizzante dei suoi muscoli, solo di poco inferiore a quella di Mathias. All'inizio della primavera in cui volgeva il loro venticinquesimo anno di età, tutti in città si avvidero che era successo qualcosa di strano in fondo alla valle. Numerosi fuochi erano divampati nei villaggi, nuove mura venivano costruite attorno alle città, sempre più vicino ai campi coltivati dagli abitanti di Sion. A giugno persino il re sopraggiunse nel castello in città. Non erano solo leggende quelle che raccontavano di popoli di donne guerriere, feroci dominatrici dei popoli sottomessi, fiere in battaglia, sprezzanti di ogni forma di virilità. Da qualche tempo infatti molti fuggiaschi avevano riferito che una sorta di conflitto universale stava divampando ovunque, opponendo non più nazioni tra loro, ma regni dominati da femmine guerriere a regni governati dai maschi. Sembrava ormai che anche il fierissimo esercito dei maschi del Mastio non potesse rimanere estraneo alla furia di questo conflitto. I pochi uomini che erano sfuggiti alla brutalità degli invasori e che avevano trovato riparo in città raccontavano di un esercito di Amazzoni, invincibile in battaglia, che schiacciava senza pietà le truppe opposte alla sua avanzata, e che brutalizzava le popolazioni vinte riducendo in schiavitù le donne e mutilando orribilmente i maschi. Verso la metà di giugno il re inviò un manipolo di esploratori per verificare le condizioni del fronte dell'avanzata delle Amazzoni nei pressi della città di Leuk. I sette ragazzi partirono da Sion poco prima che la notte spegnesse gli ultimi raggi del tramonto; ma alle prime luci dell'alba solo uno di loro era di ritorno in città. Le sentinelle avvistarono il suo cavallo che si avvicinava alle porte principali delle mura con il cadavere dell'esploratore legato alla sella. Quando lo andarono a prendere, i soccorritori poterono constatare che le palle erano state strappate dal corpo denudato ed erano state spinte nella gola del ragazzo fino a soffocarlo, mentre il cazzo era stato sradicato a morsi o con una tenaglia dentata – senza che di esso vi fosse più traccia. Sul petto era stata incisa una frase in caratteri incomprensibili, che potevano essere una minaccia per tutti i Mastini, o un insulto per il cadavere profanato del soldato; l'intaglio era tanto profondo che da ciascun segno continuavano a sgorgare rivoli di sangue nero. Entro la fine della giornata il re e il consiglio dei saggi decisero di prendere l'iniziativa e di muovere l'assalto alle postazioni delle Amazzoni. Contavano sull'effetto della sorpresa, al fine di cogliere impreparate le legioni delle guerriere e di sopraffarle prima che fossero queste ad organizzare l'attacco. In pochi giorni il luogotenente designato al comando delle operazioni radunò un esercito di 1000 uomini con cui sferrare l'assalto a Leuk, avamposto delle milizie delle Amazzoni. La cinta muraria proteggeva la città sorgendo direttamente dal ciglio del colle su cui era stato fondato il centro abitato. Il vantaggio che l'esercito Mastino doveva sfruttare nel suo assalto consisteva nella possibilità di profittare dello stato precario in cui giacevano le mura, a causa della scarsa manutenzione che era stata riservata loro negli anni precedenti (segnati da una relativa pace), e dal recente attacco condotto dalle Amazzoni stesse. L'obiettivo del comandante Elia era quello di tendere un agguato alle sentinelle sulle mura poco prima che l'alba spuntasse. Per questo l'esercito si mise in marcia in piena notte, senza ricorrere a torce né a lanterne per rischiararsi la strada. Si poteva contare che buona parte dei soldati conoscessero piuttosto bene le strade che conducevano a Leuk, per averle percorse innumerevoli volte in tempo di pace. Poco più di metà dei ragazzi si era dipinta il petto e il volto con i colori rossi e neri del vessillo Mastino; non Benny e Mathias, che non erano riusciti a recuperare la vernice in tempo utile, e procedevano fieri nel folto del gruppo a torso nudo come tutti i loro commilitoni. All'ingresso della foresta che circondava Leuk, le truppe si divisero su diversi sentieri per attraversare il bosco e raggiungere la città da punti diversi, secondo un ordine prestabilito. Non appena però i primi soldati raggiunsero l'estremo opposto e spuntarono dal folto degli alberi, i corni delle sentinelle sulla mura suonarono per dare l'allarme. I soldati erano stati avvistati, e per non perdere l'effetto sorpresa dovettero percorrere la spianata alla base del colle terminale di corsa. La prima fila non aveva ancora raggiunto la base delle mura quando dai merli e dalle torri cominciò a precipitare una pioggia di dardi e di giavellotti sui corpi affannati dalla corsa dei ragazzi. Le lance squarciavano il petto nudo dei Mastini più vicini alle mura, le punte trafiggevano i loro muscoli e uscivano impregnate di sangue dalla schiena, trascinando i corpi a terra e incastrandoli tra le zolle; le frecce si conficcavano crudelmente nei coglioni dei ragazzi, nella carne fragile del loro cazzo, devastando sotto i bermuda il pacco dei maschi più giovani. Quando Mathias giunse a portata delle mura, dovette inerpicarsi su mucchi di corpi che giacevano morti, o che strisciavano uno sull'altro gemendo e urlando per il dolore delle ferite subite. Era diretto verso una breccia che le Amazzoni non avevano ancora terminato di riparare. Accanto a lui si muoveva veloce Benny e un altro ragazzo che non aveva mai visto. Non appena ebbero scavalcato l'ostacolo composto di carne umana straziata dai colpi, mentre saltavano verso la base di pietra delle mura una lancia trafisse entrambe le cosce del loro nuovo compagno, mordendo nella carne viva poco sotto l'orlo dei bermuda; una fontana di sangue zampillò dal taglio. Il ragazzo urlò disperato tentando di rimanere in piedi; ma dopo alcune inutili contorsioni, precipitò a terra tremante. Benny si scagliò verso il corpo del compagno, con lo scopo di metterlo al riparo da qualche parte; ma il varco era completamente esposto, e le frecce sibilavano da ogni parte. Un dardo lo ferì di striscio al polpaccio sinistro, attraversando lo spazio tra le sue gambe senza raggiungerlo agli organi cui l'arciere aveva provato evidentemente a scagliarla. Per il ragazzo sconosciuto invece non ci fu niente da fare: due frecce gli martoriarono il pacco, mutilandogli il cazzo e le palle, mentre un'altra gli spezzò i muscoli addominali poco sopra l'ombelico. Mathias e Benny si gettarono nella mischia che infuriava nell'area della breccia tra le mura inseguiti dalle grida orribili del soldato morente. La carneficina di maschi dentro il varco delle mura non era meno impressionante di quella che spargeva il sangue dei soldati sui pendii della collina attorno. La violenza della battaglia aveva scagliato ovunque a terra, sulle travi e i gradoni delle mura, i corpi dei ragazzi sbranando le loro carni a colpi di mazze chiodate e di spade, spezzando teste, braccia e gambe. In mezzo a questo orrore, finalmente, Mathias le vide combattere e avvicinarsi. Le Amazzoni comparvero in tutta la loro ferocia agli occhi di Mathias e di Benny, con i loro corpi possenti e altissimi, le loro chiome bionde – e soprattutto le loro armature, forgiate in cuoio e metallo, a protezione del tronco e delle cosce e della testa. Dovevano essere calate dal Nord, algide e crudeli, con guizzi selvaggi nei loro occhi di acciaio, splendide e violente come divinità primordiali. Molti altri soldati ormai stavano assalendo le mura insieme a Mathias e a Benny: si rovesciavano nella breccia e si lanciavano gridando come punte umane contro le guerriere. Anche i due ragazzi puntarono coraggiosamente le loro spade contro le avversarie, roteando fendenti con tutte le loro forze, picchiando e colpendo con tutto quello che avevano a disposizione. Ma le armature delle Amazzoni impedivano agli attacchi non condotti con lame affilate di offendere in qualsiasi modo il corpo delle guerriere, che dopo ogni assalto andato a vuoto di un maschio avevano l'occasione di contrattaccare infliggendo sul petto nudo dei ragazzi o sulle loro cosce protette solo dalla stoffa dei bermuda ferite sanguinanti o contusioni dolorose. Benny e Mathias assalivano le Amazzoni in coppia, riuscendo in questo modo a decapitare diverse nemiche, o a tagliare loro braccia e gambe. All'improvviso la pressione dei Mastini sembrò ottenere un primo successo: la difesa delle Amazzoni si diradò, aprendo un varco verso la salita che conduceva alla sommità delle mura. Benny si precipitò in coda al manipolo di uomini che aveva preso d'assalto le scale e stava raggiungendo la cima delle mura, per liberarle dalle tiratrici che da là sopra massacravano il petto e i genitali dei soldati che si avvicinavano alla città. Il suo amico lo seguì senza esitazioni. Tuttavia, appena messo piede al secondo piano, una fitta pioggia di lance e dardi schiantò i corpi di tutti i compagni che stavano già arrancando sulla scala che conduceva di nuovo all'aria aperta: il loro fisico venne letteralmente smembrato dalle lame che trapassarono i loro muscoli e i loro organi staccando non solo teste e braccia, ma aprendo il petto a metà o separandolo dall'addome. Per loro fortuna, Mathias e Benny non erano ancora emersi sulla superficie del piano, quando il rosso si trovò tra le braccia la testa del compagno che lo precedeva. I due amici si precipitarono indietro, ma appena toccarono di nuovo il pavimento del primo piano, sentirono lo strepito di un battaglione di Amazzoni che sopraggiungeva dal piano di sotto, risalendo i gradoni che li separavano dalla base della breccia. Fu allora che Mathias avverti il pugno di ghiaccio della paura stringergli il cuore, e mormorò il suo "Siamo isolati!" con cui è cominciato questo racconto. Benny lo afferrò per un braccio e lo trascinò via con sé, puntando a caso verso una porta sulla parete che divideva la stanza dai corridoi interni delle mura. Si trattò in effetti di una scelta felice, perché nell'ambiente completamente buio in cui si trovarono si apriva l'accesso su una nuova scala, lungo la quale ruzzolarono fino a toccarne il fondo. Anche il nuovo ambiente appariva avvolto dalle tenebre, ma presto riuscirono a distinguere alcuni puntini di luce che dovevano indicare un'apertura verso l'esterno. Qualcosa come una vecchia porta murata stava cedendo sotto il peso dello sfascio generale delle mura in quel punto. Non occorse molta fatica per creare una nuova breccia nella parete approssimativa che aveva coperto l'ingresso – e per trovarsi ancora una volta fuori dalla città. Lo spettacolo che si offrì ai loro occhi mostrava poche ragioni per provare esultanza: non solo l'assalto dei Mastini alle mura non era riuscito, ma addirittura le Amazzoni stavano respingendo i maschi sul terreno all'esterno, infierendo sui vivi e sui morti. Mathias sentiva il veleno della delusione scendergli nella profondità delle viscere – perché nutriva una fiducia cieca verso il comandante Elia: lo conosceva dai tempi della scuola, e in diverse occasioni aveva potuto contare sulla sua protezione dagli scherzi dei più grandi. Elia aveva solo 4 anni più dei due amici, ma già a scuola vantava le doti di un leader, quale era poi diventato. Mathias non poteva in cuor suo ammettere che una spedizione guidata dal suo comandante potesse fallire – ancor più non riusciva a concepire che delle femmine, non importa quanto forti, potessero abbattere una tale violenza sui corpi fortissimi dei Mastini fino a sconfiggere il loro esercito e a tramutare la loro spedizione in una disfatta. La luce del mattino scintillava sugli elmi e sulle corazze delle Amazzoni e il sole era già alto sopra i campanili diroccati e lontani di Sion, quando Mathias scorse nella mischia il manipolo di soldati che circondava il comandante soccombere all'ennesimo assalto delle guerriere esponendo Elia a gravi difficoltà. Con un carico di audacia che non sapeva da dove provenisse, il ragazzo decapitò l'avversaria che gli si opponeva e si diresse urlando verso il suo generale. In realtà non riuscì a coprire molta della strada che lo separava dal suo vecchio protettore: sebbene Benny fosse accorso subito in suo aiuto, le cariche delle Amazzoni trascinavano il brandello di mischia in cui i due amici si erano trovati coinvolti sempre più lontano, ricacciandoli verso il bosco. La tecnica dell'assalto a due continuava a conseguire successi, ma quando Mathias e Benny sgozzarono l'ultima Amazzone a portata di mano, si ritrovarono tra i cespugli dei primi lembi della foresta, ormai piuttosto lontani dalla città. Mathias fissò il petto villoso di Benny, sorpreso dalla quantità di tagli e di grumi di sangue che lo devastavano. Ma i peli rossi dell'amico rendevano meno impressionante la vista dei colpi e delle ferite di quanto lasciasse trasparire il suo petto coperto di vello castano. La sorpresa per le condizioni dei loro corpi vinti e calpestati li fece sentire improvvisamente esausti e affranti. Ciononostante cercarono di raggiungere un punto più elevato ai margini del bosco, per individuare il luogo più propizio dal quale rientrare in battaglia. Ma quando si accovacciarono sono i pini del punto più alto del bosco, la scena che saliva dalla spianata sotto le mura di Leuk ai loro occhi era orribile. Il prato era ricoperto di centinaia di corpi sanguinanti, tra i quali le femmine guerriere si aggiravano innalzando grida di trionfo. I morti, e i feriti che si trascinavano penosamente tra la polvere erano quasi tutti maschi: le Amazzoni slacciavano loro i bermuda con un colpo di spada, e tagliavano il cazzo e le palle con un coltello, oppure li sradicavano aiutandosi con il dorso tagliente dei loro guanti. Pile di cazzi sorgevano in alcuni punti del campo, mentre in altri lo scontro continuava a produrre altri maschi morti e castrati. Mathias dovette assistere impotente all'assedio che tre Amazzoni stavano ponendo al comandante. Elia non si dava per vinto, continuava a mulinare la sua spada contro le sue avversarie, cercando di aprire un varco nel cerchio in cui lo avevano irretito. Ma di volta in volta, due di loro lo sfidavano di fronte, e Elia resisteva al loro assalto; la terza sfilava alle sue spalle, e lo infilzava nelle cosce, gli apriva tagli nei fianchi, gli perforava i muscoli del culo e della schiena, lo feriva sulle spalle e alle braccia. Infine i suoi bermuda cedettero ed Elia inciampò nella stoffa che gli impediva i movimenti delle gambe: le femmine ridevano, il suo cazzo e le sue palle ciondolavano indifesi davanti a loro, il suo corpo era sfinito. Riuscì a rialzarsi, completamente nudo: i peli folti del suo petto brillavano al sole di sudore e del sangue che gli colava dalle spalle. Una delle tre Amazzoni lo assalì di fronte, ma questa volta, con pochi colpi di spada lo sopraffece, riducendolo in ginocchio e allontanando la spada dalla sua mano. Nonostante la sua notevole altezza, sembrava un ragazzino impaurito, circondato da tre maestre furiose: quella dietro di lui lo colpì con una piattonata della spada sulla nuca. Elia si afferrò la testa con le mani e si piegò all'indietro sulle ginocchia per il dolore; in quel momento, la guerriera che lo aveva affrontato di fronte vibrò una sciabolata in mezzo alle sue cosce e il suo cazzo con i suoi coglioni si separarono per sempre dal suo corpo. In quel momento Mathias urlò di disperazione quanto il suo comandante, che si afferrò il cratere aperto al posto del suo pacco con entrambe le mani. L'Amazzone che lo torturava dalla schiena, conficcò due pugnali nelle sue spalle, in modo da poterli usare come manubri per fargli assumere la posizione da lei desiderata. Mentre Elia gemeva ormai con suoni inarticolati, la guerriera lo risollevò sulle sue ginocchia, in modo che potesse ammirare la femmina che lo aveva castrato mentre divorava con morsi golosi il suo cazzo enorme. Infine, un istante prima che svenisse, la terza guerriera sollevò la sua spada e gliela piantò in mezzo al petto villoso, immergendo la lama tra i muscoli del suo torace maschio fino al cuore. Un istante dopo Elia non era più. 2. La battaglia campale La sconfitta era diventata ormai un fatto irrimediabile: le cataste di maschi con il petto villoso squarciato e i cesti ricolmi di cazzi e di testicoli sradicati dal pube dei ragazzi massacrati erano lì sotto i loro occhi a testimoniarlo. L'unico gesto ragionevole era quello di tornare a Sion per sollecitare l'allarme e per esporre un resoconto dettagliato sulle femmine guerriere e su tutto quello che era accaduto. I giorni successivi furono molto convulsi. I due amici furono consegnati in caserma, sotto il controllo di Jon: era il fratello maggiore di Mathias e il comandante della loro camerata. Furono interrogati spesso, e anche Jon si fece ripetere più volte la descrizione delle Amazzoni e la cronaca della battaglia. Nessuno a Sion riusciva a credere che un esercito di 1000 soldati potesse soccombere alle porte di Leuk sotto i colpi di poche centinaia di femmine. Il fratello di Mathias, di due anni più grande, si era meritato la fama di donJon in città. Stentava a credere che le donne fossero qualcosa più che un oggetto di conquista galante e un dispositivo per alimentare le gioie del cazzo. Amava mostrare la sua dotazione di uccello, che per le sue dimensioni era un complice valido nei suoi progressi di seduttore; la leggenda voleva che fosse abbastanza potente da schizzare fino a un metro di distanza. Comunque, a sua volta, svelò ai suoi ragazzi un segreto militare, chiarendo che l'assalto a Leuk doveva rappresentare solo una mossa diversiva nella strategia di attacco, spingendo il grosso delle armate nemiche verso nord, mentre l'attacco con il pieno delle forze Mastine sarebbe stato condotto a sud. In pochi giorni un nuovo esercito lasciò la città di Sion, guidato dal re in persona; 5000 petti fieri marciavano sotto i raggi del sole, in pieno mezzogiorno. Jon scherzava con i ragazzi della sua compagnia, simulando sul percorso i gesti e i discorsi retorici che gli attori girovaghi impersonavano durante la fiera di S.Pietro quando recitavano brani dell'epica cavalleresca. Infine, quando i soldati che gli erano stati affidati gli apparvero abbastanza sollevati di morale, non resistette alla sua natura, e raccontò di quando aveva sedotto una ragazza di Leuk con le sue prodezze durante una partita a pallone contro i contadini di quella città. I suoi ascoltatori erano passati dall'ilarità della burla teatrale all'eccitazione sessuale della descrizione del seno enorme della pastorella, e della sua fica vorace – quando un posto di blocco delle Amazzoni sbarrò il passo all'esercito Mastino. Jon scattò in avanti insieme ad altri comandanti di compagnia, per guadagnare insieme agli altri soldati più esperti una rapida vittoria nella scaramuccia. L'assalto allo sbarramento di legno fu condotto con rapidità e determinazione: le femmine che presidiavano le torrette non disponevano di armi da lancio, e presto soccombettero all'impeto dei maschi che le avevano circondate. Solo quando la vittoria fu completa, dai margini del bosco un cavallo guidato da un'Amazzone si scagliò sul manipolo di ragazzi che avevano vinto l'assedio, fendendolo a metà e fuggendo verso Briga. Jon tornò comunque alla sua compagnia sudato e raggiante di soddisfazione. "Il cazzo e la spada sono fatti per trafiggere – esclamò ai suoi – la fica e le femmine per essere penetrate e domate. La natura è fatta così, non c'è nulla che le Amazzoni ci possano fare". I suoi ragazzi risero ed esultarono, lanciando tre hurrà per il loro comandante. Il loro morale era altissimo, sembrava che ogni fantasma sollevato dalla sconfitta durissima di Leuk fosse stato zittito dal successo repentino della scaramuccia al posto di blocco. Jon era un distillato di maschio: bello per il suo volto aperto e irridente, per i suoi occhi scuri dolcissimi, per il suo fisico muscoloso ma snello e scattante - di un'altezza che doveva essere la media esatta degli abitanti di Sion - per il suo cazzo potente e i suoi coglioni gonfi di sperma e voglia di scopare, per il suo petto ampio e peloso, per le sue gambe energiche da calciatore, per la sua sicurezza e il suo amore sprezzante per le femmine, per la certezza della sua superiorità sulle donne (e anche su buona parte dei ragazzi), per il suo senso dell'umorismo, per la sua voglia di competere con gli altri maschi e il suo rifiuto dello studio. Jon aveva riportato dallo scontro una ferita di striscio sopra l'ombelico e una altrettanto leggera nell'interno della coscia destra. Ma nulla di questo lo preoccupava, quanto invece il desiderio di indicare a suo fratello, il comandante della compagnia con cui aveva condotto l'assalto vittorioso. Da lontano indicò David a Mathias e Benny, e i due amici si accorsero di averlo notato bene anche da lontano, a causa della forza impressionante con cui sciabolava colpi alle guerriere, spezzando le loro armature e colpendole agli organi vitali. Avevano osservato anche quanto fosse agile, sebbene la mole della sua muscolatura avrebbe lasciato immaginare una maggiore pesantezza e staticità nei movimenti. Mentre la marcia proseguiva, raccontò più delle sue prodezze sui campi da calcio che in battaglia; ma anche queste allusioni contribuirono ad accrescere il senso di sicurezza dei soldati. Lo spirito di Jon e la sua capacità di infondere coraggio furono provvidenziali per la compagnia, perché meno di un'ora dopo tutti dovettero rendersi conto che la manovra diversiva di Leuk non doveva essere stata abbastanza convincente: un esercito poco meno numeroso di quello dei Mastini li attendeva subito dopo la strettoia del colle che discendeva dalle mura di Leuk e si preparava alla battaglia. I maschi delle prime file si lanciarono contro le Amazzoni urlando a squarciagola, sollevando le spade all'altezza della testa e puntando le lame contro le avversarie; le guerriere rimasero invece immobili, schierate in ordine ad attendere l'impatto dell'assalto. La loro resistenza all'urto spaventò i due amici, perché mentre le Amazzoni non arretrarono di un passo, i corpi dei ragazzi cominciarono ad accatastarsi ai loro piedi con il petto dilaniato da crateri sanguinanti. Infine, la pressione delle retrovie e l'attacco che i maschi muovevano sulle guerriere dall'alto del mucchio dei loro compagni feriti, riuscirono a sfondare le linee nemiche incuneando gli eroi Mastini all'interno delle schiere delle Amazzoni. Benny osservava con ammirazione la forza straripante con cui David si stava facendo spazio tra le femmine a suon di teste mozzate e di armature in frantumi sotto i suoi colpi possenti. I ragazzi sentivano pulsare i muscoli in ogni punto del loro corpo, il fremito della battaglia faceva scorrere una lingua di eccitazione su tutte le membra, uno strano orgasmo in cui si mescolavano la paura e il desiderio di avvinghiarsi ai corpi meravigliosi delle Amazzoni, stringendoli fino a possederli nello spasmo estremo della morte. La mischia stava sempre più mescolando le fila dei Mastini e delle femmine guerriere, in un groviglio di forza, fatica, sudore, ossa spezzate e sangue. Ma quando poco meno della metà dei ragazzi ai limiti della battaglia stava per riversarsi nello sciame confuso della lotta, improvvisamente dai lembi di foresta ai lati dell'esercito Mastino si abbatterono sui fianchi delle truppe composte dai maschi due ali dell'armata femminile, che si erano nascoste nel bosco e si erano avvicinate di soppiatto per tendere l'agguato nel momento di maggiore tensione emotiva dei soldati. I Mastini si trovarono in questo modo colpiti sia di fronte sia ai lati: la pressione che li circondava generò uno sbandamento nelle fila dei maschi, che persero la spinta iniziale e subirono l'ondata di reazione del corpo centrale dell'esercito delle donne. Nonostante il panico che correva tra le compagnie Mastine, Mathias e Benny procedettero con la strategia consolidata di assalire le Amazzoni in coppia, sgozzandole prima che queste potessero reagire all'aggressione. La spinta subita dall'ala destra li aveva sospinti verso il centro della mischia, facendo perdere loro di vista Jon e il resto dei loro compagni. L'erba del prato su cui si svolgeva la battaglia era già impregnato del sangue dei maschi, che cadevano contorcendosi per il dolore delle ferite molto più spesso di quanto non accadesse alle femmine. Una strana sospensione della lotta aveva permesso a Mathias di compiere questa considerazione, una pausa determinata dalla tensione estrema che si era creata esattamente al centro della mischia – dove si stavano sfidando due campioni dei rispettivi eserciti, David e una ragazza splendente e altissima, con una Medusa incisa sulla corazza che le proteggeva il seno. I due rotearono uno di fronte all'altro, studiandosi bene prima di vibrare il primo affondo. David scattò in avanti affondando verso il collo dell'avversaria, che lo dominava di 5 centimetri buoni in statura; ma lei parò il colpo, deviandolo verso destra e cercando di colpire il ragazzo al fianco con il dorso tagliente del suo guanto. Sulla carne della schiena di David si aprì una ferita poco profonda, ma il suo progetto di balzare alle spalle della Medusa per affondarle la lama della nuca fallì, e la spada del maschio scivolo sul dorso della guerriera senza alcuna conseguenza. Gli sfidanti erano piegati profondamente sulle ginocchia, ora di nuovo fronte a fronte. David si slanciò sulla sinistra, come per colpirla alla mammella – ma dopo il primo passo balzò invece sulla destra, saltando verso l'alto e mirando di nuovo alla gola. La femmina tuttavia anche questa volta schivò il colpo, roteando verso terra la sua spada e ferendo David al polpaccio destro nel momento in cui toccava terra. Il ragazzo precipitò al suolo, rotolandosi su se stesso prima che l'avversaria potesse affondare la spada nel suo petto villoso. Eppure, mentre si stava rialzando, una nuova sciabolata orizzontale della femmina gli aprì un taglio sugli addominali, poco profondo ma lungo quanto l'ampiezza del suo intero ventre. Il maschio grondava sudore misto a sangue, e mugolava per la sofferenza ormai ad ogni movimento. Ancora una volta tuttavia scattò in avanti fingendo un affondo agli addominali della Medusa e spiccando invece un salto all'ultimo momento, per conficcare la sua spada nel collo dell'avversaria, dal lato sinistro poco sopra il bordo della corazza. La guerriera parò il colpo e si mise in salvo con una capriola acrobatica. Riuscì ancora a parare un attacco con cui David la incalzava alle spalle roteando la spada dietro la schiena; quindi roteò su stessa e spianò a terra il maschio con uno sgambetto durissimo alle caviglie. Sebbene il ragazzo cominciasse a rotolare su se stesso con rapidità per evitare ulteriori danni, la lama della Medusa attraversò i muscoli della sua spalla sinistra e della parte alta del braccio. Il Mastino decise di cambiare strategia, avventandosi su di lei in un corpo a corpo serratissimo – durante il quale lei lo colpì con gli speroni distribuiti sulla sua armatura sulle cosce, sulle braccia, sugli addominali, e lo cosparse di ferite su tutto il petto e di sangue rappreso sui peli folti. La sfida tra il corpo nudo dei maschi e il fisico corazzato delle Amazzoni non lasciava speranze nemmeno ai più forti tra i ragazzi. Infatti, quando finalmente l'armatura che proteggeva il torso della Medusa stava dando segni del suo prossimo cedimento, la femmina seppe smarcarsi con abilità, piegarsi sulle ginocchia e affondare un colpo durissimo con il pomo della spada e le falci dei guanti sui coglioni di David. Sebbene la guerriera non fosse riuscita ad infierire con nessuna ferita mortale sul suo corpo indifeso, il ragazzo rimase definitivamente tramortito dalla staffilata durissima che gli aveva stritolato le palle contro le ossa del bacino, e che si stava impossessando di tutto il suo fisico soffocando il respiro in uno spasimo spaventoso, che gli spegneva la vita nell'oppressione del suo petto e che gli bruciava le cosce. I suoi muscoli cedettero e il maschio svenne rovinando nella polvere ai piedi vittoriosi dell'Amazzone. Un urlo di tripudio scosse la tensione che si era creata, un'ondata di violenza rimise in moto le criniere bionde delle guerriere che squarciarono i petti villosi, tagliarono le teste e mutilarono tutti i cazzi che si trovavano attorno a loro – mentre la Medusa imponeva il suo piede trionfale sul petto del maschio sconfitto. Ma la guerriera non riuscì a completare la sua opera conficcando la sua spada nel petto ferito di David perché mentre sollevava la spada, non si sa da dove un altro eroe Mastino, Ander, trovò un varco nella mischia e si avventò su di lei decapitandola. Benny non seppe mai se la scena che stava ammirando fosse il frutto della sua immaginazione o fosse reale, perché mentre la vendetta Mastino si stava abbattendo sull'Amazzone, alle sue spalle una femmina lo colpì col pomo della spada sulla testa e cadde al suolo stordito. Mathias si lanciò sull'avversaria prima che il suo amico venisse giustiziato, riuscendo nel suo intento iniziale – ma attirando su di sé l'ira dell'Amazzone. Dopo pochi scambi di spada, il ragazzo si era già procurato una ferita al fianco e una in pieno sulla coscia sinistra, mentre l'armatura della femmina aveva risparmiato il suo fisico statuario da tutti gli attacchi del Mastino. Il dolore alla gamba impediva i movimenti del maschio, che dopo una fitta serie di stoccate si trovò in ginocchio e senza più la spada. La luce non si era ancora riaccesa negli occhi di Benny, e un terrore ancestrale rombò nelle orecchie di Mathias, una lingua di velluto cosparse dall'interno di brividi tutta la superficie del suo corpo, mentre un velo scuro scese sulle sue pupille azzurre. Trovò comunque il coraggio di fissare l'Amazzone in volto e di mostrare con fierezza il suo petto villoso opponendolo alla spada dell'avversaria, perché lei lo trafiggesse da eroe. Ma prima che il ferro della femmina sbranasse i peli, il petto, le ossa del torace, il cuore pulsante di Mathias, e riemergesse alla luce dalla sua schiena in una cascata di sangue, Jon sopraggiunse alle spalle della guerriera staccandole il braccio con una sciabolata. L'Amazzone non ebbe nemmeno il tempo di prendere coscienza della sua ferita e di inorridire per quanto le stava accadendo – che Jon con una nuova sciabolata le recise la testa dal collo. Il comandante afferrò il fratello dalle spalle e lo aiutò a rialzarsi; anche Benny era tornato sulle sue ginocchia, e si apprestava a cercare di nuovo la sfida con le nemiche. "Presto, presto – ingiunse Jon ai ragazzi – con Ander! Occorre scortare il re fuori di qui!". Il cuore di Mathias era inondato di ammirazione e di gratitudine: avrebbe voluto abbracciare suo fratello per esprimergli la propria devozione, ma una colonna di Amazzoni che stava incalzando quattro Mastini feriti alle cosce e sugli addominali travolse la loro postazione separandoli. I due amici ripresero la loro strategia di difesa in coppia, che permise loro di raggiungere un'area meno rischiosa per le loro condizioni fisiche ancora non pienamente ristabilite. Mathias cercava con lo sguardo suo fratello nel clamore della battaglia, per comprendere quale fosse l'ordine che stava cercando di impartire loro. D'improvviso lo rintracciò, scoprendo che stava sfidando una femmina con l'armatura del rango della Medusa. Jon le roteava intorno, mentre lei fendeva l'aria che li separava con potenti rovesci di spada. Ad ogni fiondata l'Amazzone avanzava di un passo verso il ragazzo, sfiorando i peli del petto di Jon, i suoi addominali, le sue braccia tese. Infine il maschio rispose al colpo innescando uno scambio veloce di colpi e parate; poi trovò il coraggio di tentare un affondo, balzando verso di lei e mirando al braccio destro. Ma la femmina scansò l'assalto e rispose con un montante che affondò i rostri del suo guanto armato negli addominali del ragazzo. Jon si piegò in due sotto la frustata di dolore, indietreggiò e si coprì i muscoli in fiamme con il braccio sinistro. Sempre rimanendo piegato, roteò attorno all'avversaria cercando di evitare i suoi colpi – mentre cinque rivoli di sangue colavano dal ventre sui bermuda. L'aria davanti al volto e al petto nudo del ragazzo frizzava delle sciabolate scatenate dalla guerriera. Eppure, quando si abituò alla sofferenza, il maschio tentò un nuovo assalto, spiccando un balzo prodigioso e portando dall'alto la punta della sua spada verso il collo dell'Amazzone. Ma la femmina parò il colpo all'ultimo momento – e mentre Jon le atterrava addosso, lo respinse con un pugno in pieno petto. Gli speroni del guanto si incastrarono tra i muscoli e i peli del petto del ragazzo, rallentando il suo crollo rovinoso verso il terreno. Cinque tagli sfregiavano gli addominali del maschio, e altri cinque gli marchiavano il petto: riuscì a restare in ginocchio, grazie alla frenata della caduta, senza precipitare nella polvere e senza perdere di mano la spada. Ma all'avversaria bastarono tre fendenti per sopraffare la resistenza del braccio di Jon e lasciarlo indifeso, in ginocchio davanti a lei. A quel punto, la puttana prese la rincorsa e tra le cosce divaricate del maschio schiantò l'armatura ferrata del suo piede sui coglioni del ragazzo. "AAAaaaarrgghh..." Jon eruttò un urlo selvaggio coprendosi le palle devastate con le mani: una bolla di disperazione si staccò dalla radice del suo cazzo e gli ingessò il petto e il fiato – mentre lingue di fuoco gli incenerivano gli addominali e le gambe. Rovinò sul fianco destro, raccogliendosi in posizione fetale; altri lamenti gli uscivano dalla bocca, ma erano i gemiti dei polmoni in affanno. Doveva rotolare su se stesso per non incrociare lo sguardo di derisione e di disprezzo che gli riservava la troia che lo aveva sconfitto – mentre la morte del suo orgoglio gli mandava in putrefazione il cuore e appestava il suo petto di un veleno mortale. Ma mentre si rigirava, rimase paralizzato da una ondata profonda di dolore che emanava di nuovo dalle palle: così dovette incrociare lo sguardo della femmina che lo aveva sconfitto in battaglia. Sentì la sua anima spezzarsi e franare in mezzo al suo petto, e con tutto il fiato che gli restava vomitò un nuovo grido straziante: "AAAaaaaaaaaaahhh...". La puttana si avvicinò al corpo indifeso del ragazzo e replicò alla sua penosa sofferenza divaricandogli le gambe con le mani e abbattendosi con una ginocchiata sui coglioni martoriati del maschio. "NNOOOOOOOOOO..." urlò Jon mentre il suo torso si rialzava da terra contraendosi insieme al resto del corpo. "AAAaaaaaaaaaaarrrrrrrrrrrgggggh..." . Ormai il suo corpo era incontrollabile, la tensione era una funzione dello strazio inferto alle palle, e anche la voce, la respirazione, le pulsazioni velocissime, erano solo la risposta meccanica ai colpi che si erano abbattuti sui coglioni e alle frustate di sofferenza che dalle palle squassavano ogni fibra del suo fisico maschio. La vita cosciente si era ritirata dal corpo del ragazzo, solo una fiammellina batteva ancora nel suo cuore umiliato, mentre i suoi occhi si chiudevano sotto gli insulti dell'Amazzone che lo stava brutalizzando, la bocca si spalancava e i denti si stringevano in grida strazianti, il corpo si contorceva sotto l'esposizione alle torture chela puttana nordica gli infliggeva per sprezzo della sua mascolinità. Mathias si era lanciato con la mente annebbiata dall'orrore in soccorso del fratello più grande. Cercava di farsi strada con un grido che era più un pianto isterico, di dolore di rabbia. La sua mente si ribellava all'immagine del calcio che si era abbattuto sulle palle di Jon; ma lo terrorizzava di più il pensiero di quando a suo fratello sarebbero stati tolti i bermuda e i suoi coglioni indifesi sarebbero stati strappati – l'immagine del cratere carico di sangue al posto delle palle ciondolanti tra le cosce gli faceva sgorgare lacrime di disperazione. Ma quello che davvero la faceva impazzire era l'immagine dell'Amazzone che avrebbe divorato il cazzo di suo fratello, assaporando la porzione di carne di maschio di cui Jon era orgogliosamente dotato davanti ai suoi occhi morenti. Mathias mulinava la sua spada con tutte le forze, spezzando armature, spade, corpi che si opponevano alla sua marcia verso il corpo battuto e umiliato del fratello. Il suo coraggio e la sua energia erano commoventi, e avevano destato la paura e l'ammirazione delle Amazzoni che lo circondavano. Ma ad ogni passo il dolore alla coscia irraggiava frustate di sofferenza su tutto il corpo con crescente violenza, divorando dall'interno la sua resistenza e le sue forze. Il cerchio delle avversarie si stringeva intorno a lui e a Benny, che era accorso a sostenerlo. Sui loro muscoli si aprivano tagli nuovi ad ogni istante, sotto l'azione delle lame che le guerriere opponevano al loro assalto e che incidevano nel loro petto nudo e nelle loro cosce emergenti dai bermuda ad ogni passo. L'avanzata di Mathias frenava vistosamente, rispetto all'impeto iniziale; una schiera di femmine ormai gli si opponeva di fronte sbarrandogli altri progressi, mentre la Medusa afferrava Jon per i piedi e lo trascinava via insieme ad altre puttane facendolo strisciare con la schiena sul terreno polveroso. Mathias e Benny rimasero impietriti dall'allontanarsi del loro obiettivo, quando la fatica cominciò a calare sui loro occhi come un velo di nebbia, e lo schieramento di Amazzoni che si parava loro contro diventava più fosco e minaccioso. In quel momento di smarrimento, mentre entrambi si erano bloccati per cercare di interpretare la situazione, qualcuno frenò la propria corsa immediatamente alle loro spalle inginocchiandosi dietro le loro gambe divaricate, inserendo in modo fulmineo le braccia tra le cosce dei due ragazzi e afferrando le loro palle nei propri pugni. La stretta diventò una morsa di metallo un istante dopo la presa; Benny sentì la furia cieca del male esplodere dai suoi coglioni e sbranare a dentate di fuoco le sue cosce, i suoi addominali e il suo petto, mentre il pugno d'acciaio gli stritolava la palle e il cazzo con forza sovrumana, tirando verso il basso. Seguendo la direzione che veniva imposta ai suoi coglioni per provare meno dolore Benny si trovò in ginocchio, mentre la sua voce gridava suoni inarticolati. Vide accanto a lui Mathias stramazzare a terra svenuto; e poco dopo tutto fu nero davanti ai suoi occhi. 3. Al campo delle Amazzoni Quando Mathias si riprese, le sue mani erano legate ai polsi dietro la schiena, e assicurate a qualcosa dietro di lui che doveva essere il bordo di un carro. Accanto a lui Benny si era già risvegliato, e giaceva nelle stesse condizioni; altri 3 prigionieri coperti di ferite e di sangue rappreso insieme alla sabbia completavano il carico. Sul prato davanti a loro si distendeva lo scenario della devastante sconfitta dei maschi sotto la furia guerriera delle amazzoni. Come sotto le mura di Leuk, anche questa seconda disfatta era costata la vita e la sofferenza di intere compagnie di ragazzi, i cui corpi dilaniati e umiliati dalla potenza delle guerriere che aveva polverizzato la loro forza, riempivano penosamente tutto lo spazio visibile. Le femmine stavano ultimando la loro incetta di cazzi e di palle, mutilando i cadaveri e i feriti ormai prossimi alla fine che strisciavano sul campo coperto dal loro sangue. Il carro partì, risparmiando alla vista dei due amici la contemplazione della sconfitta, che aggiungeva un carico di oltraggio ulteriore rispetto a quello già inflitto al loro fisico. Raggiunsero un accampamento di Amazzoni quando era già notte. Molti fuochi erano accesi al centro dell'area e accanto alle capanne; ma quelli più orribili divampavano attorno allo spiazzo che sorgeva al punto di confluenza di tutte le strade del forte. Lungo il perimetro del quadrato erano seduti i pochi maschi catturati come prigionieri al termine della battaglia: anche loro furono condotti a prendere posto accanto agli altri. Mathias con un'ondata di felicità scoprì di essere stato legato accanto a suo fratello: Non si poterono abbracciare, a causa della loro condizione, ma in qualche modo il fatto di essersi ritrovati riuscì a confortare entrambi. Le ferite sul petto e sugli addominali di Jon, sebbene avessero coperto con grumi di sangue il suo torso villoso, si mostrarono agli occhi di Mathias meno profonde di quanto avesse immaginato. Il fratello spiegò ai due amici che le Amazzoni parlavano una lingua non troppo differente da quella che veniva usata a Leuk: in qualche modo quindi si poteva comprendere il senso dei loro ordini. Tra l'altro aveva scoperto che una delle guerriere era una donna proprio di Leuk, che lui aveva sedotto 3 anni prima, e con la quale aveva conservato buoni rapporti: era lei che lo aveva informato del rito che si stava compiendo. Benny e Mathias infatti avevano notato il confronto di lotta che si stava svolgendo al centro dello spazio tra David e un altro prigioniero; ma non avevano osservato gli spiedi con cui le guerriere stavano preparando il cibo per il loro banchetto di trionfo. Una sensazione di disgusto e di paura assalì i due amici quando seppero che le Amazzoni erano golose di carne di maschio, e che mentre assistevano alla gara di lotta tra i prigionieri arrostivano e assaporavano il cazzo e i coglioni dei maschi sconfitti in battaglia. Il piatto prelibato era composto dall'uccello dei soldati, ed era riservato per il primo giro alle guerriere più alte in grado; le palle invece erano considerate meno prestigiose, anche se la valutazione poteva variare in considerazione delle loro dimensioni. Mathias fu squassato da alcuni urti di vomito mentre osservava una femmina con l'armatura cesellata con la Medusa sbranare un cazzo di notevoli dimensioni in due soli morsi. In quel momento però David con una rotazione secca delle sue braccia spezzò il collo al suo avversario, lasciandolo scivolare a terra morto. Il comandante alzò le braccia in segno di trionfo, e guadagnò anche i fischi e le grida di alcune ragazze vicino al "ring" disegnato con bastoncini nella sabbia. La guardiana dello spettacolo dovette scegliere a quel punto un nuovo sfidante per David, al fine di non interrompere la festa delle sue compagne. Percorse un lato della piazza in cerca di un avversario degno; infine, quando il suo sguardo incrociò quello di Jon, fece un cenno ad un'altra Amazzone che la aiutò a slegare il ragazzo e a condurlo al centro dell'arena. Mathias osservò il percorso del fratello verso il ring con uno spavento crescente: aveva visto il campione di Sion battersi sia con le armi, sia a corpo libero, e sapeva quanto il suo fisico fosse agile e potente. Jon poteva forse competere in scioltezza, ma non di certo per la forza bruta: e infatti, Mathias vide distintamente il brivido di paura che correva lungo la schiena di suo fratello mentre si alzava e raggiungeva il quadrato, e che gli rendeva poco sicuro il passo. Jon dovette togliersi i bermuda e gli scarponcini, rimanendo nudo come l'avversario; quindi l'incontrò poté avere inizio. I lottatori si piegarono sulle ginocchia, roteando per studiarsi prima di attaccare. Poi di colpo David si avventò su Jon afferrandolo alle spalle e alla gamba destra, rovesciandolo al suolo. Ma da terra Jon calciò al fianco David rovesciandolo a sua volta sul terreno. Entrambi ritornarono in piedi: Jon parò un calcio a media altezza con un braccio, mentre David schivò un pugno che l'avversario aveva cercato di portargli al mento. Prima che Jon riuscisse a ritirare il braccio, David glielo afferrò bloccando il suo tentativo di allontanarsi e colpendolo con un montante brutale sugli addominali. Jon urlò, rimanendo piegato in due, mentre la ferita che gli era stata inflitta durante la battaglia ricominciò a sanguinare. Al fratello di Mathias per qualche tempo non restò che tentare di sfuggire ai colpi con cui David tentava di mettere fine al match; si proteggeva con il braccio sinistro gli addominali da altri colpi, perché nuove lacerazioni e nuove scosse di dolore sui suoi muscoli feriti avrebbero finito sopraffarlo trascinandolo alla sconfitta. Nella sua veemenza, David cercava soltanto di avvicinarsi allo sfidante, dimenticando di tenere alta la propria difesa; ma dopo la vergogna della fuga, Jon riconquistò l'ammirazione di suo fratello riuscendo a schivare prima un destro poi un montante sinistro - infine raccogliendo tutte le sue forze nello scoccare un calcio alto che incontrò il volto di David. Il colpo stese il campione, e Jon gli saltò con le ginocchia sulla schiena, afferrandogli il collo nell'incavo del proprio braccio destro. Ma la forza di David era impressionante: riuscì a risollevarsi sulle ginocchia trasportando l'avversario sulla schiena – quindi addirittura a rimettersi in piedi. Jon stringeva il collo del vecchio amico di caserma nel tentativo di soffocarlo, ma David manovrò per liberarsi dalla presa dello sfidante colpendolo con gomitate ai fianchi e contorcendosi come un toro infuriato. Infine, durante l'ennesimo sobbalzo sulla schiena di David, il fiato e le energie di Jon non furono sufficienti e il ragazzo scivolò sul fianco destro del campione. Questi lo afferrò con un braccio sotto le spalle e lo scaraventò a terra, liberandosi dalla sua morsa e cominciando a picchiare la testa di Jon contro il suolo. Quando la ritorsione di David si fu sfogata, Mathias vide suo fratello restare stordito a terra – lasciando il tempo all'avversario di tornare ad afferrarlo con entrambe le braccia sotto le spalle, e di sollevarlo per stritolargli il torace tra i propri muscoli di acciaio. I due lottatori erano avvinghiati petto contro petto, sudore e sangue si mescolavano sui loro peli, mentre David macinava il petto di Jon tra le proprie braccia: Mathias contemplava in lacrime suo fratello che urlava per la sofferenza, e per l'estremo tentativo di liberarsi dalla morsa micidiale con cui David stava per frantumare il suo petto. D'improvviso, con un colpo di reni, David abbatté l'avversario a terra; ma prima che Jon potesse reagire fuggendo, lo afferrò per le palle stritolandole nel suo pugno di ferro. "Nooooooooooooooo" gridò Jon in uno spasmo di sofferenza orrenda. Ogni muscolo del corpo di Jon tremava in modo incontrollabile; ma David ormai non sentiva più pietà e cominciò a sollevare il ragazzo per i coglioni, distaccando il suo culo da terra di qualche centimetro oltre quello che Jon riusciva a reggere inarcando le gambe e il dorso. Poi con uno strattone sollevò i coglioni di Jon fino all'altezza del proprio petto, mentre il corpo del ragazzo penzolava nel vuoto appeso per le palle. "AAAAAAAAAAAAAAaaaaaaaaaaaaaaarrrrrrrrrrggggggggggggggggggghhhhhhhhhhhhh" gridò Jon inarcando il dorso e tendendo tutti i muscoli nello spasmo di dolore; afferrò le mani di David che gli martoriavano i coglioni indifesi, senza riuscire ad alleviare nemmeno di un filo la morsa che lo stava castrando. Mathias cercava di liberarsi a strattoni dalla fune che lo legava, per intervenire a proteggere il fratello. Ogni sforzo fu vano; e quando vide suo fratello pendere impotente dalle sue palle stritolate nel pugno orribile di David, gridò in lacrime "Bastaaaaaaaaaaaaa... Ti prego David, batsta, bastaaaaaaa!". Il campione fissò il ragazzo negli occhi, poi con un ultimo strattone ai coglioni di Jon, lo issò sulle sue spalle trattenendolo con un braccio intorno al collo, con l'altro assicurando la stretta della sua mano sulle palle dell'avversario. Si spostò davanti alla postazione dell'Amazzone comandante e le rovesciò Jon privo di sensi sul suolo davanti ai suoi piedi. Tanto bastava alla femmina guerriera per scegliersi il campione con cui passare la notte e guadagnarsi un compenso per la sua vittoria in battaglia. Mentre si allontanava dalla sua postazione, la comandante dell'accampamento rovesciò con un piede il corpo di Jon, che era rovinato a terra sul fianco sinistro, in modo che giacesse sulla schiena e le mostrasse il volto, il petto villoso, il cazzo lacero e i coglioni spaventosamente tumefatti nello scroto tutto ricoperto di lividi neri e blu. Dalla bocca del ragazzo uscivano rantoli incomprensibili; solo un lamento più prolungato si levò mentre la donna superava il suo fisico massacrato salendogli con un piede sul petto e inciampando con l'altro sul suo cazzo flaccido cosparso di strappi sanguinanti e di ematomi. L'Amazzone afferrò David per l'uccello; si limitò a fare un cenno con la mano alle sue guerriere perché si divertissero con Jon, assegnandolo a loro piacimento alla sorte che attende gli sconfitti. Tre puttane assetate di sangue si avventarono sul maschio battuto: lo sollevarono per le spalle e lo sospesero tra due girarrosti, assicurandolo per le ascelle agli spiedi ancora roventi. Jon non riusciva a reagire: la sua mente tramortita non riusciva a comprendere cosa stava accadendo oltre la foschia che gli annebbiava gli occhi dolcissimi, mentre le forze avevano per sempre lasciato i suoi muscoli. A turno le torturatrici si esercitarono a colpirlo con un pugno sulla ferita agli addominali, fino a quando le fibre dei suoi muscoli si allentarono dolorosamente sotto la sua carne devastata dai lividi; Jon reagiva ad ogni urto con nuovi lamenti, sollevando la testa per osservare il disfacimento che veniva perpetrato sul suo corpo. Poi fu il turno del petto, che venne percosso un numero di turni maggiore, fino a quando diverse costole non si spezzarono o si incrinarono. Si avventarono sui suoi capezzoli e sui tagli che gli sfregiavano il torace fino a quando la sua testa penzolò riversa all'indietro senza muoversi. Allora un'Amazzone lo afferrò per i capelli e le altre due gli bersagliarono la faccia di pugni spaccandogli il naso e facendogli saltare alcuni denti. Mathias gridava come se stessero martoriando il suo fisico mentre il corpo del fratello veniva brutalizzato e umiliato dalle femmine: le implorava di smettere, di lasciare almeno integro il corpo dello sconfitto dopo il suo annientamento nella lotta. Allora le tre puttane risollevarono Jon dai suoi sostegni e lo lasciarono rovinare al suolo; poi una di loro gli arpionò le palle, un'altra il cazzo e lo trascinarono nella polvere fino alla postazione in cui Mathias urlava e si agitava. La testa del ragazzo era reclinata dalla parte del fratello: lo fissò con gli occhi sbarrati e offuscati dalla semi-incoscienza. Forse cerò anche di dirgli qualcosa, perché la bocca sanguinante si mosse, lasciando uscire grumi meri e suoni appena percepibili senza senso. La guerriera che non aveva partecipato al trascinamento per le palle si avvicinò al corpo indifeso di Jon con uno spiedo; si inginocchiò in mezzo alle sue cosce, spostò di lato l'uccello del maschio con una mano e trafisse il suo scroto. Dal lago di sangue che invadeva il pacco di Jon la troia strappò i coglioni e il sacco che li conteneva, gettandone uno a testa alle sue compagne. "NNNNNNNOOOOOOOOOOOOO" gridò Mathias, mentre le due femmine divoravano crude le palle di suo fratello. Infine, la guerriera armata di spiedo conficcò la lama nella voragine che si era creata tra le cosce del ragazzo, infilzando il cazzo di Jon dall'interno. La punta del ferro emerse dalla cappella dell'uccello – poi, con un gesto secco, la femmina lo sradicò dal corpo del maschio. Tutti i muscoli di Jon si irrigidirono, mentre i suoi occhi si spalancarono in un'espressione di orrore disumano. Mathias singhiozzava come un bambino, senza possibilità di consolazione, intanto che doveva osservare l'Amazzone che arrostiva il cazzo di suo fratello sul fuoco, e lo sbranava davanti al suo sguardo accecato dalle lacrime. Quando la ferocia della vendetta fu ultimata, la guerriera tornò ad avvicinarsi a Jon; con un calcio gli girò la faccia in modo che la fissasse mentre lo sovrastava; poi sollevò lo spiedo e con forza lo conficcò in mezzo al petto villoso del ragazzo, trapassandolo fin oltre la schiena e ancorandolo al terreno dietro le sue spalle. Le tre puttane si allontanarono ridendo - e mentre Mathias continuava a singhiozzare in stato confusionale per lo choc, le altre guerriere rimaste sulla piazza cominciarono la spartizione dei maschi prigionieri per passare la notte. Gli si avvicinò l'amazzone che suo fratello aveva indicato come la ragazza che aveva sedotto dalle parti di Leuk qualche anno prima. La femmina gli accarezzò il volto scomposto dalle lacrime e dallo spavento, fissandolo negli occhi con inconsueta dolcezza. Gli passò la mano tra i capelli e mormorò qualche parola di conforto. Mathias capì che gli stava sussurrando qualcosa sui suoi occhi tristi, e sempre più vicino all'orecchio bisbigliò che il suo volto somigliava a quello di suo fratello, che qualcosa di Jon sarebbe sopravvissuto nella dolcezza del suo sguardo. Un velo di commozione – o così gli parve – era calato sul volto altero della guerriera, e Mathias abbandonò la sua testa tra le braccia della donna che continuava a fissarlo negli occhi e ad accarezzargli la nuca, sciogliendosi appoggiato alla sua armatura in un pianto liberatorio. La piazza era rimasta ormai quasi vuota, quando la guerriera sciolse il laccio che teneva legato Mathias al palo dietro di lui per portarlo nella sua tenda; il ragazzo la implorò di condurre via anche Benny, e la donna guidò alla sua postazione entrambi. In realtà, il suo obiettivo era quello di ridonare loro la libertà, perché li condusse ad un passaggio sotterraneo che evitava il controllo – peraltro ormai piuttosto lasco – delle sentinelle, e che conduceva al bosco esteso accanto all'accampamento. L'oscura benedizione di Jon vegliava su di loro, perché grazie ai suoi meriti i due amici erano stati graziati dalle sofferenza che la prigionia avrebbe riservato ai loro corpi maschi. 4. In difesa di Sion Nel buio della macchia i ragazzi si diressero verso Sion; raggiunsero le porte della città alle prime luci dell'alba. Furono condotti in caserma, e affidati al comando di Ander. Dopo due sconfitte così dure, la popolazione maschile della città si era ridotta in modo sensibile. Ander era uno dei pochi eroi sopravvissuti agli scontri: spiegò a Mathias e Benny che il re si era salvato miracolosamente dalla strage del giorno precedente – e che era rientrato nella capitale del regno per raccogliere un nuovo esercito e rimettere la situazione sotto controllo. Fino ad allora, Sion avrebbe dovuto resistere da sola. Spiegò poi ai ragazzi che si aspettava a breve l'attacco di un esercito di femmine sanguinarie che avrebbe posto l'assedio alla città e avrebbe cercato di conquistarla prima dell'arrivo dei rinforzi. Ander era un ragazzo alto, con il fisico statuario di una divinità greca, occhi verdi e profondissimi, un volto solare, capelli e peli del petto castani chiari. Aveva l'età di Jon e le ragazze assicuravano di non aver mai visto un cazzo più grosso del suo: non eccezionalmente lungo, ma con un diametro impressionante. Nella sua vita non aveva certo contato un gran numero di relazioni come era capitato a Jon; i suoi fidanzamenti erano di ampia durata e connotati da una fedeltà assoluta. Eppure la nobiltà del suo volto e l'acutezza dei suoi occhi verdi promettevano qualcosa di ben diverso alle donne che lo incontravano: infatti, il suo modo di fissare le ragazze esprimeva nella sua profondità un desiderio carnale bruciante, e assicurava un'esperienza di sesso, di avvinghiamento dei corpi, di possesso e di godimento animale, dal quale sarebbe stata bandita ogni forma di complicazione spirituale. Era un eroe grande e coraggioso: in battaglia aveva affrontato situazioni difficili ricorrendo alla prontezza dei suoi agguati e alla sua velocità fulminea; era uno stratega delle mischie, appariva fulmineo come un demonio – ma non temeva di opporsi alle guerriere anche nei corpo a corpo. L'esercito delle Amazzoni comparve all'orizzonte nel primo pomeriggio. Prima che procedessero all'assalto, una piccola delegazione in rappresentanza della città si fece incontro alla condottiera delle armate femminili. L'intenzione era quella di negoziare uno scambio economico pur di mantenere intatta Sion. Ma le guerriere non erano interessate alle ricchezze; le trattative furono faticose - eppure al termine la comandante accettò un patto. La sua campionessa si sarebbe battuta con un eroe Mastino, e se questi avesse prevalso la città sarebbe stata risparmiata. Ander fu eletto campione dei maschi; contro di lui venne schierata un'Amazzone altissima dall'aspetto fiero e maestoso: i suoi capelli erano lunghi e biondi, gli occhi erano azzurri vitrei e sprigionavano uno sguardo raggelante, il suo seno gonfiava entro l'armatura stretta che le proteggeva il torace, le gambe sembravano due colonne di marmo bianchissime. Era la scultura di una razza divina, altera e imponente come le distese artiche. Ander le opponeva coraggiosamente il suo petto nudo, protetto solo dai suoi peli già umidi di sudore; niente custodiva il suo pacco e le sue cosce oltre alla stoffa dei bermuda scuri, dentro i quali il cazzo eretto per l'eccitazione ostacolava un poco la libertà di movimento. Gli occhi verdi del ragazzo la fissavano con un'espressione di desiderio sessuale e di sopraffazione fisica – che molto spesso aveva esercitato un potere di seduzione sulle donne che aveva potenziato la bellezza luminosa del suo volto e l'energia del suo fisico. La sfida ebbe inizio nel prato davanti alle porte principali di Sion: i soldati erano raccolti sopra le mura per osservare lo scontro – e anche Mathias e Benny studiavano con attenzione le fasi del match. Gli avversari si presentarono al centro della radura; mentre Ander misurava le forme della guerriera, ne misurava l'altezza di qualche centimetro superiore alla sua, e tornava a puntare il suo sguardo traboccante di una voglia animalesca di sesso – la femmina ricambiò lo sguardo con i suoi occhi duri e gli sibilò: "Trema per quello che sto per fare al tuo corpo". Un brivido corse per la schiena del maschio, che tuttavia seppe conservare il suo sguardo fiero: non si attendeva tanta arroganza da una ragazza – ma nonostante la differenza di altezza si rassicurò stimando che la forza del proprio corpo non poteva essere inferiore a quello della guerriera. Non seppe però cosa replicare alla guerriera, lasciandole così il tempo per incalzare: "ricordati di proteggere sempre il petto e le palle, voglio battermi prima di massacrarti e di sbranare tutto quello che c'è in te di maschio". La fase di studio fu brevissima, perché la femmina sferrò subito il primo attacco, mirando al petto dell'avversario. Ander evitò l'affondo balzando verso l'alto e scavalcando la guerriera appoggiando il piede sul suo braccio e tentando di affondare la lama tra il collo e la spalla destra della femmina durante la manovra di salto. Ma la spada incontrò il bordo dell'armatura, sfregiandola lungo il cuoio che proteggeva la schiena, senza intaccare di un nulla la pelle delle guerriera. L'Amazzone roteò su se stessa, sciabolando la spada fino ad aprire un taglio nella schiena nuda di Ander: il primo ruscello di sangue della sfida sgorgava dal corpo del maschio, anche se da una ferita non grave. Gli avversari tornarono a studiarsi fronte a fronte; fu di nuovo la femmina a passare all'attacco, simulando un affondo al petto Mastino e scartando al termine dell'assalto verso la coscia sinistra. Ander oppose d'istinto il braccio all'attacco, lasciando che i rostri dell'armatura della guerriera gli lacerassero i muscoli dell'avambraccio sinistro, e deviando la lama della spada più che poteva – senza comunque riuscire impedirle di aprire uno squarcio nel suo polpaccio sinistro. Il maschio gemette per la ferita che gli impediva di spostarsi senza zoppicare vistosamente; cercò di cogliere di sorpresa l'avversaria con un fendente sul braccio armato mentre era ancora sbilanciata per il colpo che gli aveva inferto. Ma l'Amazzone si sottrasse all'offesa con una capriola, che la riportò in guardia sul fianco sinistro di Ander. Cercò l'affondo verso il petto del ragazzo, che scansò il colpo indietreggiando; Ander, profittando della tensione in avanti dell'avversaria, la cinse alle spalle con il braccio sinistro e cercò di affondare la sua spada nel suo ventre. Ma prima che la sua lama si fosse avvicinata all'armatura della femmina, questa parò la lama del ragazzo con la propria spada, e nel proseguimento della corsa impressa alla propria arma la conficcò nel braccio destro del maschio, attraversando il suo bicipite da parte a parte. "Aaaaaaaaaaahhh....!" gridò Ander, passando la sua spada alla mano sinistra, ora che l'altro braccio era inutilizzabile. L'assalto della guerriera da quel momento fu implacabile e continuo. Con l'arma in posizione mancina, il maschio non riusciva a contrattaccare – ma si limitava a parare i colpi e ad indietreggiare sotto la furia della nemica. Infine la guerriera strinse il ragazzo contro la porta chiusa delle mura di Sion; gli si gettò addosso, in modo che il torso nudo di Ander finisse schiacciato tra il metallo della sua armatura e il legno della porta; si strofinò poi duramente contro il petto villoso del maschio, conficcando nella carne dei suoi muscoli gli speroni della propria armatura e i chiodi sporgenti che saldavano il portale. Durante l'urto spaventoso contro il portale, la spada era sfuggita di mano al maschio e giaceva abbandonata per terra; con l'elmo, l'Amazzone lo colpì a testate sulla fronte e sugli occhi, fino a stordirlo offuscando la limpidezza del suo sguardo. La femmina era troppo forte per il Mastino, perché riuscisse a spostarla dal suo corpo a forza di braccia. Così, il fisico del ragazzo si riempì di ferite e di lividi sul petto, sugli addominali e sulla schiena e sulla testa; ma il peggio arrivò quando la guerriera, un istante prima di risollevarsi affondò la spada nella coscia pelosa del maschio, perforandola per tutta la sua larghezza e infilzando la lunga lama anche nella coscia opposta. Un urlo raggelante esplose dalla gola di Ander, che crollò in ginocchio non appena la femmina estrasse l'arma dalle sue gambe. A causa della sua altezza, il tratto di cosce che rimaneva nudo dall'orlo dei bermuda del ragazzo era più ampio del consueto: la lama non aveva incontrato nessun ostacolo nel trapassare la carne nuda, e il cratere sanguinante che sbranava i muscoli delle sue gambe appariva in tutta la sua violenza agli spettatori della sfida. L'amazzone lo afferrò sotto le ascelle e lo sollevò al di sopra della propria testa, fino a portare la ferita che gli aveva inflitto nella schiena all'altezza di due speroni sporgenti dal legno del portale di Sion. Gli infilò le falci nel taglio sanguinante, poi assicurò la tenuta colpendolo a pugni sul petto. Ander ululava per il dolore, ma non riusciva a respingere gli assalti della femmina; cercò colpirla con calci sul seno, ma prima che la manovra di difesa potesse conseguire qualche successo la guerriera fulminò i coglioni del maschio con una testata. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!"gridò Ander sbarrando gli occhi e reclinando la testa come se si stesse spegnendo – e coprendosi le palle ferite con le mani. Un boato di dolore ricacciava la mascolinità di Ander fuori dal suo corpo con il ruscello di sangue che sgorgava dalle cosce, dal braccio e dalla schiena. Ma l'Amazzone, riprese a tempestare di testate l'area del pacco del ragazzo, fino a quando le ossa delle sue mani non si furono sbriciolate e ciondolarono inerti lungo i fianchi, esponendo di nuovo le palle indifese ad ogni forma di assalto. Prima di sferrare l'ultimo attacco, la femmina tolse le scarpe e i bermuda dal corpo del maschio, lasciandolo completamente nudo; poi divaricò le gambe del ragazzo con le mani e stampò l'elmo con altre due testate sui coglioni di Ander, che reagì con lamenti lunghi e convulsi, mentre tutto il suo corpo nudo si scuoteva percorso da spasimi orribili. La guerriera infine staccò il corpo inerte del maschio dal portale, scagliandolo al suolo. Con un cenno ordinò che il carro alla cui guida si trovava prima di essere convocata a battersi si avvicinasse. Afferrò una fune, di cui legò un a cima attorno al cazzo e alle palle di Ander – e di cui assicurò l'altra estremità al bordo del carro. Quindi salì sul veicolo stringendo le briglie e scuotendole, affinché i cavalli si mettessero in moto. Il carro partì, e con uno strattone ai coglioni del maschio se lo trainò dietro. Sotto gli occhi atterriti dell'esercito di ragazzi armati in difesa della città, degli abitanti di Sion che si erano spinti sulle mura e sulle torri per assistere alla lotta, il corpo battuto di Ander veniva trascinato per le palle dalla biga della vincitrice attorno al perimetro delle mura. Lo scroto del maschio era orribilmente gonfio e di un colore bluastro con riflessi porpora; il suo uccello mostrava lividi e tagli non meno preoccupanti. La sabbia e i sassi sui quali scivolava il corpo del ragazzo si coloravano del sangue che ormai scorreva da ogni parte del suo fisico brutalizzato dalla femmina, e scorticavano la schiena mentre strusciava sulla loro superficie ruvida e infiammante. La guerriera non riuscì a completare il giro delle mura: prima di tornare al punto di partenza gli strappi alla radice dello scroto finirono per strappare la sacca delle palle e la fune si chiuse come un cappio attorno ai coglioni nudi e al cazzo del maschio. Anche l'uccello non resse e venne sradicato insieme alle palle. L'Amazzone caricò i genitali strappati dal corpo di Ander e il ragazzo sul carro, per depositarli sul terreno di fronte alle porte principali di Sion, dove si era svolto l'incontro. Quindi, estrasse per l'ultima volta la sua spada e la conficcò in mezzo al petto villoso del maschio. Il momento in cui sul sangue che traboccava dallo squarcio nel petto di Ander la sua vita galleggiò fuori dal suo corpo e si disperse sul suo pelo, sulla sua carne e poi nell'aria – fu come un segnale per tutta l'armata delle femmine, che scatenò l'assalto alle mura della città. I maschi sulle mura e le guerriere si scambiarono una selva di frecce; le Amazzoni appiccavano le punte dei loro dardi nei bracieri che avevano condotto con loro, al fine di demolire con incendi le strutture in legno che sostenevano le mura e che rinforzavano le porte. Benny vedeva i ragazzi impegnati attorno a lui a difendere la cinta di Sion, che barcollavano e urlavano per il dolore della loro carne trapassata dai giavellotti nemici, e crollavano a terra dimenandosi nell'affanno orribile dei crateri che divoravano il loro corpo e del sangue che soffocava il respiro nella gola. Gli arcieri cercavano di impedire alle femmine di avvicinarsi al portale con l'ariete gigantesco che avevano montato su carri per sfondare il portale principale. Mathias vide arrivare la lancia che trafisse il petto del loro capo, proprio sopra la porta; il ferro sprofondò nei muscoli e tra le ossa del suo petto come se fossero di argilla, gli spezzò il cuore e uscì dalla schiena con una cascata di sangue. L'arco scivolò dalle sue mani e il suo corpo seguì il moto della lancia piombando terra sulla schiena. Era solo la prima di una cascata di giavellotti che squarciarono il petto e gli addominali di molti maschi, mentre l'ariete si avvicinava fino a urtare il portale la prima volta. Da quel momento gli urti si succedettero con frequenza sempre più preoccupante, mentre altre guerriere aggredivano le mura con scale e torri, ancora senza riuscire a mettere piede oltre i merli di difesa. Infine la porta cedette e le femmine fecero irruzione nella città. Da quel momento nessuno riuscì più a coordinare le manovre di difesa, e solo il terrore divenne padrone di azioni e decisioni. I maschi erano in rotta, buona parte delle mura stava andando a fuoco, e i ragazzi non potevano nulla negli scontri corpo a corpo contro le armature femminili, venendo sopraffatti o con ferite nel petto, o dal dolore degli innumerevoli tagli su tutto il corpo. Benny e Mathias avevano abbandonato le mura prima che diventassero preda delle Amazzoni, e si erano trasferiti verso il castello, immaginando di trovare in quell'area della città la strenua difesa dei Mastini. Invece Sion stava cadendo ovunque – e dopo essersi battuti coraggiosamente lungo le strade del centro, sulla piazza del castello si trovarono circondati con altri pochi maschi da un centinaio di Amazzoni e dovettero arrendersi. 5. La piazza del castello Furono segregati nelle segrete del castello; li spogliarono e li legarono insieme ad una decina di altri prigionieri. Passarono ore, trascorse tutta la notte. Infine, alle prime luci dell'alba, li scortarono fuori dal castello. La piazza si era trasformata nel teatro di una festa atroce: decine di ragazzi castrati erano ammucchiati ai piedi della scalinata della rocca con il corpo fatto a pezzi; ceste piene di cazzi e di palle contornavano l'edificio. Centinaia di femmine assistevano agli spettacoli, divorando cazzi e coglioni arrostiti. Benny fu il primo a essere slegato e a doveri battere al centro della piazza, con una guerriera racchiusa nell'armatura da Medusa, e che si confrontava con il maschio minacciandolo con una frusta. La femmina tagliava l'aria con il cuoio in modo irridente nei confronti della paura che offuscava gli occhi verdi del ragazzo. Con i primi colpi la guerriera mirò alle gambe del ragazzo: a causa della mira verso il basso, Benny non riusciva ad afferrare la frusta con le mani, e tutti gli assalti andarono a segno aprendo tagli sui suoi polpacci e sulle sue cosce, che i peli rossi del suo vello rischiavano di infettare penetrando nella carne viva. Una scudisciata si arrotolò attorno alla coscia sinistra del maschio al punto che quando la femmina strattonò per ritirare l'arma, la gamba del ragazzo si sollevò sgambettandolo a terra, Nel tentativo di frenare le percosse su cosce e polpacci, Benny rimase accucciato a terra, gattonando come un animale: il pubblico eruppe in risate di scherno per la sua umiliazione, mentre la puttana sibilava colpi ai suoi lati, simulando l'atteggiamento del domatore davanti a una bestia succube. Infine la troia assaltò la schiena del ragazzo, coprendola con una serie fitta di frustate di ferite e di lividi. Benny si lamentava ad ogni frustata che infieriva sul suo corpo nudo; quando il dolore alla schiena divenne esasperante, si risollevò sulle ginocchia, senza ancora essere riuscito ad afferrare lo strumento di tortura con cui la femmina tormentava il suo corpo. La troia colse l'occasione per concentrare i suoi attacchi sul petto del maschio, infliggendo ferite dolorose e brucianti per l'infiltrazione dei peli rossi nel solco dei tagli sanguinanti. D'un tratto il ragazzo seppe stringere tra i pugni il cuoio che stava sfregiando il suo corpo. Innescò una prova di forza con l'Amazzone, che stava cercando di ritirare la sua arma; il maschio si risollevò in piedi e tentò di tenere duro il più possibile. Ma le sue mani sudavano ed erano umide di sangue – cosicché la femmina, a furia di strattoni riuscì a liberare la frusta e tornò a colpirlo, avvolgendo nella spirale di cuoio il petto e la schiena di Benny. Il ragazzo urlò per il dolore; ma una nuova pioggia di colpi si abbatté sui suoi fianchi e sugli addominali. Poi una frustata torno a cingere con una spirale il petto villoso e la schiena del maschio; lo strattone con cui la puttana sciolse la stretta fu tanto violenta che Benny perse l'equilibrio e scivolò verso il suo lo di schiena. Ma mentre il corpo del maschio si trovava in una posizione arcuata con il lato anteriore del tutto esposto, sostenuta dai piedi e dagli avambracci, l'Amazzone si sistemò in mezzo in mezzo alle sue gambe divaricate - e un istante dopo Benny sentì una frustata atroce esplodere sulle sue palle, percuotergli l'uccello e precipitando sui suoi addominali. L'urlo dell'amico gelò il sangue nelle vene di Mathias, uno schizzo di sangue zampillò dal cazzo di Benny, mentre il ragazzo precipitava definitivamente a terra coprendosi i coglioni torturati con le mani e rotolandosi nella polvere per lo strazio che gli sbranava le viscere dal petto alle cosce e che violentava il suo orgoglio di maschio polverizzando la sua virilità. La troia perseguitò il petto e gli addominali del maschio per tutto il periodo durante il quale il dolore soffocante gli impediva di sollevare le mani dai coglioni. Nel tentativo di sfuggire alla tortura, il ragazzo tornò in piedi, tentando la fuga dalle scudisciate dell'avversaria. Infine, Benny ricominciò a tentare di afferrare la frusta con le mani nude, nel disperato tentativo di interrompere l'assalto che stava trasformando il suo corpo in una poltiglia di sangue e di ferite. Ma intanto che il ragazzo cercava la presa all'altezza del petto, la troia trovò lo spazio per vibrare un colpo più basso e la frusta si arrotolò di nuovo attorno ai coglioni e al cazzo di Benny stritolandoglieli tra innumerevoli spirali. "AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH! – gridò il maschio – Bastaaaaaaaaaaaaaaaaaa, ti prego... basta basta, ti pregoooooooooo..." Il ragazzo piangeva e soffocava per il dolore che gli massacrava le palle e l'anima di maschio e di Mastino. Mentre i suoi coglioni venivano strattonati dalla femmina con la sua frusta, Benny ripensava alla sera prima, quando sotto le lenzuola Chiara aveva fatto scivolare la mano fresca sui peli rossi del suo petto, poi degli addominali – e infine gli aveva impugnato il cazzo deliziandolo con una sega maestosa. Il suo uccello caldo e durissimo era penetrato poco dopo nella fica della sua ragazza, e Benny l'aveva montata fino a quando lei aveva mugolato di piacere; poi le posizioni si erano rovesciate, e il suo cazzo possente aveva stantuffato nella vulva della donna dal basso, poi di fianco; poi lui l'aveva afferrata per i fianchi e l'aveva montata da dietro, fino a quando – dopo diversi orgasmi femminili – anche lui aveva dovuto cominciare ad allungare i suoi sospiri in mugolii sempre più profondi e serrati – infine lo sperma bollente aveva attraversato la sua carne di maschio con un grido "Sìììììììììììììììì... aaaaaaaaahhhhh, Chiara vengo... vengo... ah cazzo, godo, aaaaaah, sìììììììììììììì aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa..." e aveva inondato il muco di Chiara di un fluido bianco, spumoso e fertilissimo. "Pietà ti prego, bastaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa" urlava il maschio mentre l'Amazzone vibrava colpi sulle mani sanguinanti con cui proteggeva i suoi coglioni brutalizzati. "Mathias aiutami ti prego – singhiozzava Benny fissando l'amico con gli occhi gonfi di lacrime – mi ammazza, cazzo, ti prego" L'amico tentava di sciogliersi dalle funi che lo forzavano ad una colonna, ma senza riuscire a progredire nemmeno di un soffio. "Mi fanno male le palle, cazzo... Mathias ti prego, non permetterle di castrarmi, ti prego Mathiasooooooooo..." La difesa delle mani aveva ceduto, e dalle gambe divaricate una nuova frustata aveva sopraffatto la resistenza della carne delle palle e del cazzo di Benny creando un nuovo ruscello di sangue. Il maschio provò a difendersi rotolando a terra il petto e mostrando alla femmina la schiena; ma il suo cazzo era abbastanza grosso da sporgere sotto il culo, così che la puttana lo sferzò con la frusta e lo avvolse in spirali di cuoio. Quindi cominciò a sollevare il corpo di Benny tirandolo per il cazzo, mentre il ragazzo accompagnava con un "AAAh... aaaaahhhh..." ogni strattone che sollevava il suo uccello piagato. Il volto del maschio si torceva in una smorfia di sofferenza atroce mentre il suo cazzo veniva stritolato alla radice e strattonato verso l'alto - fino al punto che la tensione massima delle sue gambe e l'arco disegnato dal suo corpo non furono più sufficienti a reggere alla trazione. Benny perse l'equilibrio e precipitò al suolo, con l'esito di abbandonare la base dell'uccello alla stretta massima del cappio formato dalla frusta. Il cazzo divenne blu ma resse alla minaccia di evirazione; Benny, devastato dal terrore e dallo strazio urlò a squarciagola afferrandosi il cazzo ancora attaccato al suo pube rosso per miracolo e cercando di slegare la morsa della frusta "AAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRGGGGGGGGGHHHHHHHHHHHHHHH". Tutto il corpo del ragazzo era contratto in uno spasmo di dolore, che attraversava ogni fibra del suo fisico irradiandosi dal suo cazzo umiliato – ormai più rosso per il sangue delle ferite che per il colore dei suoi peli. "Ti prego risparmia il mio cazzo, abbi pietà cazzo ti pregooooo..." Per tutta risposta la puttana strattonò l'uccello di Benny, che ancora una volta resistette, mentre anche il volto del maschio era diventato paonazzo per l'asfissia da dolore: "Nooooooooooooo... Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhh..." Infine la troia con un piede lo rovesciò con il petto a terra; lasciò libero l'uccello del ragazzo, per legare saldamente con la frusta le sue mani dietro la schiena. Poi risollevò il maschio in piedi legandogli i polsi e i piedi ad un palo posizionato in mezzo alla piazza. Sul lato opposto della piazza si sollevò un'arciera su un piedistallo dal quale era stata rimossa la statua del re. L'Amazzone prese la mira, scoccò la freccia che perforò lo scroto di Benny, trafisse il suo coglione destro e si piantò nel palo dietro di lui, stampando nel legno anche alcuni lembi del testicolo che aveva schiantato. "AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH" esplose il maschio un attimo prima di svenire. La troia che lo aveva sconfitto lo risvegliò con una secchiata d'acqua, in modo che seguisse con piena coscienza ogni istante della sua umiliazione finale. La seconda freccia penetrò nella coscia sinistra del ragazzo, attraversando tutta l'ampiezza della gamba e fermandosi a pochi millimetri dal palo. Il terzo dardo invece non mancò l'obiettivo, e trapassò il coglione sinistro di Benny trascinandolo fuori da uno strappo dello scroto e conficcandolo nel legno dietro il ragazzo. Ancora una volta il maschio gemette e perse i sensi; di nuovo la guerriera che lo aveva sopraffato lo ridestò. La quarta freccia trapassò il cazzo di Benny staccandolo di netto dal cescpuglio di peli rossi che lo circondava; l'uccello del maschio cadde sui suoi piedi in una fontana di sangue. Il pacco di Benny era ormai un enorme cratere eruttante sangue; dopo le urla di dolore, il ragazzo stava piangendo con gemiti e biascichii incomprensibili. Il suo corpo maschio era stato brutalizzato orribilmente, e sul suo fisico profanato si riversava come una cascata l'irrisione della folla di femmine che assisteva e esultava per la sua mascolinità sopraffatta e devastata. L'arciere prese la mira un'altra volta: la freccia squarciò il petto villoso di Benny, portandosi via la sua vita con l'ultima colata di sangue dalla sua bocca carnosa. Il turno successivo fu quello di Mathias, che raggiunse il centro della piazza mentre l'Amazzone che aveva sconfitto il suo migliore amico stava terminando di arrostire il cazzo rosso di Benny e cominciava ad assaporarne il glande. Ormai la morte aveva compiuto il suo ingresso nel cuore di Mathias, che aveva ormai perso amici, fratello e ragazza nel mondo dei vivi. Il suo compito era quello di dare vita ad un incontro di pugilato con una guerriera – che si sarebbe battuta indossando l'armatura, con la sola esclusione dell'elmo e dei rostri. La puttana fissava con un ghigno malefico il cazzo del maschio, che ciondolava indifeso tra le sue cosce mentre il ragazzo saltellava per preparare l'attacco. Mathias sferrò il primo attacco, cercando il volto dell'avversaria ma incontrando sempre le braccia prontissime della femmina. Era lui a fare il match, con le spalle sciolte e una grande agilità delle gambe; tuttavia pareva impossibile lavorare l'Amazzone ai fianchi, perché il cuoio da cui il corpo della troia era protetto attutiva i colpi del ragazzo e gli procurava contusioni dolorose sulle nocche e sulle falangi. La guerriera si decise a passare al contrattacco, con un montante agli addominali che il maschio deviò con prontezza, poi fingendo un attacco di destro al mento e ripetendo l'assalto agli addominali col sinistro. Mathias sfuggì all'imboscata, e centrò l'avversaria sul naso con un dritto robusto. La guerriera apparve sconcertata dall'assalto del maschio e anche un po' stordita; ma la delusione che si dipingeva nelle espressioni e nelle acclamazioni con cui la folla accompagnava lo spettacolo la resero ancora più furiosa – e in cuor suo la femmina giurò una vendetta atroce per l'arroganza con cui il ragazzo l'aveva ridicolizzata davanti alle compagne. L'Amazzone attaccò il maschio mirando al volto, ma fallendo l'obiettivo per ben due volte; quindi cercò il bersaglio grosso, tentando il massacro del petto villoso e dei fianchi di Mathias. Ma il ragazzo era agile, e molto di rado i pugni della guerriera riuscivano stamparsi contro i muscoli dell'avversario. Di nuovo Mathias la raggiunse con un sinistro al volto e istintivamente caricò con un montante destro al fegato. Ma il pugno del maschio incontrò il cuoio rinforzato dell'armatura, che attutì l'offesa sul fisico dell'Amazzone, ma spezzò una falange del ragazzo e aprì tagli su tutta la sua mano. Mathias scappò via trattenendo i mugolii di dolore per la mano fratturata, evitando la reazione scomposta della femmina e cercando di riparare la destra con il soccorso dell'altra mano. La danza attorno alla furia della guerriera proseguiva con profitto, tanto che il ragazzo riuscì di nuovo a portare un sinistro al mento dell'Amazzone; e mentre lei vacillava per lo stordimento, il maschio scaricò un montante destro sugli addominali dell'avversaria. L'armatura fece il suo dovere, e il grido di dolore che echeggiò nella piazza fu quello del ragazzo, che si contorceva stringendo la mano destra distrutta. La femmina non si era spostata davanti a lui, e non appena Mathias si risollevò accecato dal dolore, la puttana scatenò un montante feroce sui suoi coglioni indifesi. Il maschio fece alcuni passi in ciascuna direzione piegato in due per lo strazio, mentre cercava affannosamente di superare gli spasmi che gli avevano chiuso il respiro; infine franò al suolo in posizione fetale, rotolandosi sulla schiena nella speranza di trovare una posizione in cui le palle potessero tormentare meno furiosamente il suo corpo distrutto. La voce di una femmina cominciò a contare "1... 2... 3..." : il ragazzo tornò sulle ginocchia stringendo i coglioni tra le mani quando il conto era a 7; riguadagnò la postura eretta, anche se vacillante, un istante prima del 10. Ma per lui non c'era più scampo: lo sguardo era offuscato, respirava a fatica, il corpo era contratto per il mal di palle e le mani erano impegnate a coprire i coglioni. Appena l'arbitra tacque, la puttana gli centrò il volto con un gancio destro che Mathias non aveva nemmeno visto partire; l'urto gli piegò il fisico all'indietro, e la troia lo caricò con un montante sugli addominali. Il maschio crollò in ginocchio con un lamento. Il conto ricominciò, e il maschio tornò in piedi prima che venisse pronunciato il 7. Questa volta lo aspettava un destro in pieno petto, che lo fece barcollare all'indietro, mentre la puttana lo inseguiva, per scaricargli un uno-due sul volto, seguito da un montante sugli addominali, e da una seconda scarica di ganci al volto – che lo sospinsero fino a toccare con la schiena il palo dove Benny era stato castrato e massacrato. Mathias si accartocciò a terra, scivolando con la schiena lungo la superficie della colonna di legno. Il conteggio ricominciò, ma ora le idee nella testa del ragazzo erano davvero poco chiare: gli occhi blu erano stretti da due grossi ematomi scuri, dal naso scendeva sangue a fiotti, le labbra erano spaccate e tumefatte – e insieme al sangue sputava dalla bocca alcuni frammenti di denti rotti. Ma quando le sue orecchie afferrarono il numero 6, per orgoglio Mathias tentò di nuovo di sollevarsi in piedi strisciando la schiena contro il palo, per raggiungere la posizione eretta prima che il conto terminasse. Ascoltò la folla che tempestava "Finiscilo! Finiscilo! Sangue! Vogliamo il sangue del maschio! Sangue!"; poi sentì un frustata di dolore in mezzo al petto villoso, poi il suo corpo si contorse per un urlo di dolore che lacerava gli addominali; quindi gli occhi si chiusero del tutto sotto i colpi che si stampavano sulla testa, il naso cedette e grondò sangue, altri denti colarono col sangue dalle labbra. Ma la falce con cui la morte preannunciava l'arrivo squarciò la resistenza del ragazzo con un colpo devastante ai coglioni, che divorò dall'interno ogni fibra del suo corpo maschio. "AAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRGGGGGGGGHHHHHH..." urlò Mathias; poi il suo corpo si afflosciò ai piedi della puttana che lo aveva brutalizzato, stringendo le palle con le mani, senza più essere in grado di compiere alcuna mossa. Il conto partì – ma stavolta per il ragazzo era proprio finita. La troia calpestò col piede destro il petto villoso di Mathias e sollevò le braccia con un grido di trionfo; la folla rispose rumoreggiando in modo orribile, invocando il sangue del maschio battuto. La femmina allora afferrò il ragazzo per le ascelle e lo sollevò di peso, appoggiandolo con la schiena al palo. Con il braccio sinistro bloccava l'avversario sopraffatto alla colonna, sostenendolo tra il petto e il mento; con la mano destra scostò le braccia con cui il maschio continuava debolmente a proteggersi il pacco ferito. Quindi tastò lo scroto devastato di Mathias, individuò tra le dita il suo coglione destro e lo strinse tra le unghie fino a farlo esplodere. Il maschio ululò per la paura e lo strazio un grido disumano; poi svenne. Quando riprese i sensi, la troia stava palpando il suo coglione sinistro. Il ragazzo la implorò di risparmiare le sue palle in stato confusionale per il terrore della sofferenza che stava per abbattersi sul suo corpo mutilato; ma un istante dopo le dita della puttana si strinsero attorno al coglione sinistro di Mathias che si spezzò come l'altro testicolo, castrandolo definitivamente. Il ragazzo perse di nuovo i sensi; ma dovette riguadagnarli per subire l'ultima umiliazione. Il dolore che emanava dalla sacca delle palle era insostenibile; ma ora la puttana aveva legato il maschio alla colonna, e manipolava una torcia avvicinandosi al palo. Fissò il ragazzo con uno sguardo diabolico; quindi afferrò il cazzo di Mathias con la mano sinistra e procedette a bruciarlo mentre era ancora attaccato al suo corpo. Solo quando fu perfettamente grigliato, la puttana strappò l'uccello dal corpo del maschio e lo divorò avidamente. Sebbene si impegnasse a tenere sveglio il ragazzo, è difficile immaginare quale livello di coscienza il maschio potesse raggiungere in mezzo a quelle sofferenze atroci. Quindi, la troia intinse un dito nel sangue che sgorgava dalla ferita aperta dove si stagliava il suo cazzo e disegno un grosso punto rosso in mezzo ai peli del petto di Mathias. Afferrò la spada della sua assistente e la sprofondò nel petto del ragazzo, dove aveva tracciato il punto. Alcuni pezzi del cuore di Mathias uscirono con la lama dalla sua schiena, spalmandosi sulla colonna che sosteneva il suo corpo morente.